Gol capolavoro e cuore da Juve. Soltanto lui ricorda come si fa.
Lui era a Tokyo nel 1996 e segnò il gol che rese la Juve campione del mondo.
Questi altri che gli corrono intorno non avrebbero mai messo il naso in quella squadra, al massimo ne sarebbero stati gli sparring partner, non tutti ma sicuramente la maggioranza. Alessandro Del Piero ha fatto vedere contro il Brescia la differenza che esiste tra chi ha imparato e giocato nella Juve che voleva dominare il mondo e la cosa modesta, a tratti povera, che si trascina da due anni a questa parte, nonostante tutti i cambiamenti possibili.
Ascoltare quel po' di pubblico resistente esultare al fischio finale per il 2-1 contro la penultima del campionato, ridotta in dieci per 20 minuti, ha misurato la dimensione cui si è abituata la Juve. Bisogna accontentarsi è diventata la filosofia.
Del Piero non si accontenta.
Non è stato soltanto il suo gol, bellissimo e decisivo, a scatenare l'ovazione che l'ha accompagnato all'uscita anche se molti non hanno capito che Del Neri lo sostituiva con Martinez per questo.
È stata l'intensità di un match assoluto, in cui Alex si è scrollato dalle spalle dieci anni e ha sbagliato solo due palloni in 87', ha rincorso e difeso, ha dato a Krasic in un corridoio strettissimo l'assist per il 3-1 e il serbo lo ha sprecato. Si può non essere fuoriclasse ma si deve trovare dentro di sé la forza per giocare come se lo si fosse, quando si è in una grande squadra. La prestazione di Del Piero è stata un gesto didattico: vedete come si deve fare?
Il gol lo ha sublimato: incursione profonda, dribbling su un uomo, scarto su un altro, controllo, cambio di piede, tiro secco e preciso che ha basito Accardi, paratoglisi davanti, e il portiere.
Uno schema preparato alla lavagna con Del Neri, che a fine partita ha definito Del Piero un campione ritrovato e adesso deve ritrovarsi lui perché non è certamente questo l'allenatore che conoscevamo e che fino a Natale ha gestito bene la Juve.
Se il tecnico friulano è davvero convinto che questi siano miglioramenti vuol dire che ha confuso il posto di lavoro.
È beffardo ricordargli che l'1-1 dell'andata a Brescia veniva considerato un intoppo sulla strada verso lo scudetto mentre questa vittoria tiene i bianconeri a 9 punti dalla Champions League?
Il successo è giunto faticosamente. Nel primo tempo il Brescia si è mosso come se fosse la Juve, tenendo maggiormente sotto controllo il gioco e con più qualità negli scambi: se Diamanti avesse trovato anche la voglia di giocare e non solo di ballare durante l'esecuzione dell'inno di Mameli la squadra di Iachini avrebbe fatto danni.
La Juve lavorava di rimessa.
È già abbastanza per capire che qualcosa non funziona più, con Aquilani inceppato, Krasic che fa sempre lo stesso numero, i terzini che per piazzare un cross devono aspettare dal cielo una mano che guidi la traiettoria.
La rete dell'1-0, un bel tiro al volo di Krasic su tocco di Matri, è stata favorita da un errore di rilancio di Cordova più che da una trama.
Come a Cesena, il vantaggio era gestito male: tranne un traversone basso di Sorensen non c'era traccia di pericolosità mentre Eder metteva in apprensione la difesa.
Chiellini aveva avviato la partita disastrosa con un'incomprensibile incertezza che lo costringeva ad abbattere il rapido brasiliano appena fuori area: proseguiva la prestazione al 42' lasciando al piccoletto lo spazio per battere di testa Buffon, incerto sul cross di Voss, come in precedenza quando aveva perso la palla in un'uscita.
Nella ripresa c'era almeno un'idea di pressione, la volontà della Juve di impugnare il gioco. Il Brescia tornava se stesso.
Si accartocciava per lanciare il contropiede e dava aria all'azione.
Krasic divorava il gol su lancio di Pepe come avrebbe poi fatto con l'assist di Del Piero: davanti alla porta il serbo ci ricorda l'austriaco Schachner che correva fortissimo e spesso si inceppava nel tiro.
Non erano grandi manovre, soprattutto non c'era un cross che finisse al posto giusto e non su una capoccia bresciana.
Doveva pensarci Del Piero con l'assolo a fissare il raddoppio che metteva in discesa la vittoria anche perché la seconda ammonizione di Mareco al 25' complicava il compito dei bresciani.
Ma quando Del Piero non ci sarà più?
(di Marco Ansaldo - Tratto da La Stampa)