mercoledì 7 aprile 2010

REVISIONE



Piero Sandulli, il giudice che emise la sentenza d'appello: « Più che di riapertura, parlerei di apertura perché non mi pare che dalle te­lefonate emergano fatti nuovi sui soggetti già giu­dicati. Semmai emergono fatti su nuovi soggetti».

L’Inter, appunto... Quattro anni fa di queste intercettazione tra Bergamo, Moratti e Facchetti c’era traccia nei documenti che avete ricevuto dalla procura federale o nella sentenza di primo grado?
«No, mai sentite quelle telefonate. Allora le intercettazioni facevano riferimento soltanto alle società poi penalizzate, Juventus, Milan, Fiorentina, Lazio, Reggina, Arezzo. E mi chiedo se ci sono altre telefonate “incriminate” ancora in giro. Ma per aprire un processo bisogna valutare se nel frattempo il reato non sia prescritto e se i documenti vengano acquisti dal processo di Napoli».

Da queste telefonate emerge però un quadro diverso del sistema calcio: un po’ tutti telefonavano ai designatori e agli arbitri.
«Sì, la teoria del così fan tutti, come un celebre film. Ma, come accade per l’evasione fiscale, il fatto che lo facciano tutti non significa che non sia reato».

Se avesse avuto in mano queste intercettazioni, avrebbe cambiato la sentenza d’appello?
«Prima di tutto tengo a precisare che io venni chiamato a coprire il ruolo di presidente per quel turno di udienze perché il giudice De Lise, essendo anche presidente del Tar del Lazio, temeva un conflitto di interesse. Per quanto riguarda la sentenza, non sarebbe cambiata, però avremmo avuto al tavolo degli inquisiti un altro gruppo di soggetti».

Anche l’Inter, quindi, non sarebbe esente da colpe: ma le sembrò giusto assegnare lo scudetto ai nerazzurri? «Eh no, io non c’entro con quella decisione. Anzi, all’epoca venni anche fortemente criticato perché detti parere negativo. Ero favorevole alla non assegnazione: gli scudetti si vincono sul campo e non a tavolino... A meno che non ci fosse la pressione dell’Uefa».

da tuttosport.com